Queste sono tra le domande più frequenti che mi vengono fatte dalle persone che decidono di intraprendere un percorso psicologico. Molti pensano che ci siano dei percorsi obbligati, dei tempi fissi e prestabiliti per ogni problematica o richiesta, una sorta di iter da affrontare per poter tornare a stare bene come prima.
Ogni richiesta che mi viene fatta, che sia “voglio tornare a stare bene come prima” oppure “non posso dire di star male ma voglio stare meglio”, richiede un impegno a cambiare qualcosa di noi che in questo momento, per diversi motivi ci sta impedendo di raggiungere il nostro obiettivo. Ma quanto dura questo processo di cambiamento? Ovviamente la risposta a questa domanda è piuttosto articolata perché occorre far riferimento a diversi aspetti.
La gravità e complessità del problema: questo aspetto è piuttosto intuitivo e ovviamente una problematica più complessa richiederà un tempo maggiore rispetto ad una più semplice, un po’ come una broncopolmonite richiede un tempo più lungo di guarigione rispetto ad un raffreddore stagionale. In caso ci siano diversi disturbi contemporaneamente ovviamente la complessità aumenta e a quel punto è necessario lavorare per obiettivi intermedi che permettano di affrontare la sintomatologia secondaria (es. dipendenza da sostanze) che si è innestata su un disturbo primario (es. disturbo di personalità). Tutto questo comporta dei tempi più lunghi rispetto a chi soffre di solo di attacchi di panico.
Durata del problema: Una delle frasi che mi capita di sentire spesso in studio è “le ho provate tutte! Ora non ce la faccio più”. C’è una tendenza molto diffusa a sottovalutare le conseguenze che possono derivare da un problema di natura psicologico. La prima cosa da fare giustamente è escludere che i sintomi sperimentati siano dovuti a patologie mediche e subito dopo consultare uno psicoterapeuta. Nella realtà esiste un tempo variabile in cui le persone aspettano sperando che magari il problema scomparirà improvvisamente così come inaspettatamente è arrivato; provano cure farmacologiche, omeopatiche, prodotti naturali ecc.; i meno riservati si rivolgono ad un amico in cerca di rassicurazione e solo in ultima analisi si rivolgono ad un professionista. Maggiore è il tempo trascorso dal primo episodio maggiore potrebbe essere il tempo che richiede la risoluzione del problema stesso.
Utilità del sintomo: Spesso le problematiche che ci troviamo ad affrontare sono il tentativo da parte della nostra mente rispondere ad un bisogno a cui non stiamo dando la giusta attenzione. L’insieme dei sintomi, seppur molto dolorosi o invalidanti, offrono benefici secondari che potrebbero avere una certa rilevanza nel determinare la durata del processo terapeutico. Un esempio potrebbe essere che da quando soffro per un particolare problema inizio a ricevere molti gesti d’affetto da famigliari o amici che magari era proprio quello di cui avevo bisogno. Questi “vantaggi” potrebbero influenzare l’eliminazione del sintomo problematico che tenderà ad essere mantenuto anche se in maniera del tutto inconsapevole. Riuscire a riconoscere e dare il giusto significato ad un sintomo è necessario per evitare che si ripresenti in futuro magari sotto altra forma.
Condizione familiare, sociale e lavorativa: avere alle spalle un contesto famigliare che supporta, sostiene e incoraggia è di certo di grade aiuto piuttosto che dover affrontare un percorso psicologico mentre si viene ridicolizzati, sminuiti, svalutati. Inoltre in alcune situazioni è fondamentale che l’intera famiglia si renda disponibile ad affrontare dei cambiamenti che possono risultare decisivi per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Ma anche avere a disposizione una rete sociale solida, amici o anche colleghi di lavoro che ci comprendono, sostengono e ci ricordano quanto possiamo essere importanti per loro ci aiuterà ad attingere a risorse interne ed esterne che altrimenti non avremmo a disposizione nel percorso che abbiamo intrapreso. Al contrario sentirsi soli, abbandonati da tutto e da tutti favorirà momenti di sconforto, diminuendo i nostri livelli di motivazione al cambiamento.
Eventi contingenti: Ognuno di noi vive in condizioni oggettivamente più o meno difficili alle quali si aggiungono eventi più o meno prevedibili. Tutto questo influenza direttamente il processo di cambiamento in atto favorendolo o ostacolandolo. Un cambio di lavoro, la nascita di un figlio, la perdita di una persona casa, un trasferimento possono essere alcuni esempi di eventi che possono avere una certa influenza sulla durata della terapia.
Approccio terapeutico: Esistono approcci terapeutici diversi, ognuno dei quali agisce in modo diverso sulla risoluzione del problema. Alcuni approcci ritenuti solitamente più brevi di altri possono portare a dei risultati paradossalmente più lentamente di altri, poiché è davvero difficile stabilire in anticipo come reagirà il paziente ad un certo tipo di trattamento. Per alcuni è preferibile seguire un percorso più intensivo e magari più breve, per altri un lavoro di questo tipo potrebbe risultare troppo faticoso e portare ad un abbandono, magari temporaneo per richiedere un nuovo intervento successivo.
E’ chiaro a questo punto che non esiste una risposta univoca alla domanda “quanto dura una psicoterapia?” ma di certo ci sono aspetti che possono favorire il ritrovamento del nostro equilibrio: quando sentite che qualcosa non va, non aspettate, chiedete aiuto perché un intervento precoce può prevenire problematiche più complesse. E’ vero che la nostra mente tende naturalmente all’autoguarigione, ma a volte affrontare alcuni problemi da soli può essere troppo faticoso o doloroso e quel meccanismo può incepparsi lasciandoci “bloccati” per molto tempo.